Che cos’è l’ADHD
L’ADHD si caratterizza per la presenza di uno o più sintomi che possono essere comuni anche nei bambini considerati “normali”, ma che in questo caso risultano accentuati. Queste caratteristiche includono deficit di attenzione, iperattività e impulsività, che possono influenzare negativamente la capacità di apprendimento e crescita della persona.
Il deficit di attenzione si manifesta come difficoltà a mantenere l’attenzione su un compito per un periodo sufficientemente prolungato, con la persona che può essere facilmente distratta da stimoli esterni e interni come suoni, movimenti o pensieri.
L’iperattività si manifesta come un eccessivo e inadeguato livello di attività motoria, con la persona che può essere irrequieta, muoversi continuamente e avere difficoltà a rimanere seduta per un periodo prolungato.
L’impulsività, infine, si manifesta come incapacità ad aspettare o ad inibire comportamenti che in dato momento risultano inadeguati, con la persona che può agire senza riflettere e avere difficoltà a pianificare le proprie azioni.
Cause: fattori neuroanatomici, neurochimici e psicosociali
L’ADHD è un disturbo neurobiologico che può essere causato dalla disfunzione di alcune aree e circuiti specifici del cervello, come la corteccia prefrontale, i nuclei alla base e il cervelletto. Questi circuiti sono responsabili del controllo di funzioni cerebrali come l’attenzione, la programmazione delle azioni, il controllo del comportamento, l’inibizione delle risposte automatiche, la capacità di resistere alle distrazioni, l’esecuzione e il controllo del movimento e la percezione del tempo.
L’ADHD può essere associato anche ad uno squilibrio di alcuni neurotrasmettitori, come la noradrenalina e la dopamina, che sono responsabili del controllo di funzioni cerebrali come l’attenzione e il movimento. Per questo motivo, alcuni farmaci come il metilfenidato e l’atomoxetina possono essere utilizzati per gestire alcune situazioni associate all’ADHD.
Come per altri disturbi psicopatologici, la predisposizione per l’ADHD può essere influenzata da fattori genetici, mentre l’attivazione di questa predisposizione può essere modulata anche da fattori del temperamento e ambientali. Tra i fattori ambientali, si possono annoverare la nascita prematura, l’abuso di fumo o alcool da parte della futura mamma, le modalità educative scorrette e i contesti sociali svantaggiati.
Questi fattori possono interagire con la predisposizione genetica e contribuire allo sviluppo dell’ADHD. Tuttavia, è importante sottolineare che la presenza di questi fattori non implica necessariamente lo sviluppo del disturbo, ma piuttosto aumenta il rischio di sviluppare l’ADHD.
È importante sottolineare che alcuni comportamenti associati all’ADHD possono essere presenti anche in bambini e adolescenti senza il disturbo, in determinate situazioni. Tuttavia, quando questi comportamenti sono manifestati in modo inadeguato rispetto allo stadio di sviluppo ad insorgenza precoce (prima dei 7 anni), sono pervasivi (ovvero espressi in almeno due contesti tra casa, scuola e ambiente di svago) e interferiscono significativamente con le attività quotidiane, potrebbero rappresentare un segnale di ADHD.
Comorbilità con altri disturbi (grafica)
Decorso del disturbo
Pervasività
Mentre alcuni bambini possono presentare comportamenti associati all’ADHD solo in determinate situazioni, altri possono manifestarli in modo pervasivo e persistente in tutti i contesti e in tutte le attività. Questo tipo di comportamento può avere un impatto significativo sul funzionamento globale del bambino, interferendo con il suo funzionamento sociale, scolastico e lavorativo.
Fattori biologici e ambientali
Eziologia
Fattori genetici ed ambientali interagiscono in una fase precoce dello sviluppo alterando diversi network neuronali che portano ai deficit neuropsicologici presenti nell’ADHD.
Nel nostro cervello
L’area orbitofrontale, insieme alle sue connessioni con il caudato e il cervelletto, svolge un ruolo importante nel controllo cognitivo e comportamentale. In particolare, questi circuiti ci aiutano a:
- Tenere a freno il comportamento inadeguato, impedendo l’esecuzione di azioni inappropriate.
- Mantenere l’attenzione su compiti complessi, impedendo di distrarsi eccessivamente.
- Inibire le risposte automatiche, impedendo di agire in modo impulsivo o errato.
- Gestire le emozioni e la motivazione, favorendo l’autocontrollo e la regolazione emotiva.
- Utilizzare il linguaggio interiore per le autoistruzioni, favorendo l’organizzazione mentale e l’esecuzione di compiti complessi.
Questi processi cognitivi sono spesso compromessi in persone con ADHD, e la gestione dei sintomi del disturbo spesso prevede l’utilizzo di tecniche e strumenti per rinforzare la funzionalità di questi circuiti cerebrali.
Ereditarietà
Come molte altre caratteristiche, la capacità di inibizione comportamentale e dell’autocontrollo può essere influenzata dalla genetica. Alcuni geni sono stati individuati come potenziali fattori di rischio per lo sviluppo dell’ADHD. Tra questi geni troviamo:
Anche la genetica può influenzare la capacità di autocontrollo e inibizione del comportamento, e alcuni geni sono stati individuati come fattori di rischio per lo sviluppo dell’ADHD. Questi includono geni come 5HTT, DRD4, DAT1, DRD5, HTR1B e SNAP25. Ad esempio, il gene DRD4 codifica per un recettore della dopamina che sembra avere un’importante relazione con l’ADHD. Alcune varianti di questo gene sembrano rendere il recettore meno sensibile alla dopamina rispetto ad altre varianti. Tuttavia, la genetica non è l’unica causa dell’ADHD, e fattori come l’ambiente e la psicologia possono interagire con la genetica per contribuire allo sviluppo del disturbo.
Neuroanatomia
Le aree del nostro cervello che sono più piccole del normale sono: l’encefalo (che rappresenta circa il 4% del cervello), il lobo frontale destro (8%), i gangli della base (6%) e il cervelletto (12%). Queste differenze di volume si possono vedere già a 6 anni di età e sembrano essere legate alla gravità del disturbo dell’ADHD. Inoltre, si osserva una normalizzazione delle dimensioni dei gangli della base intorno ai 18 anni, mentre le differenze nel cervelletto possono persistere fino a quell’età.
Neurofisiologia
Nell’ADHD si può osservare una riduzione di metabolismo o flusso di sangue in alcune parti del cervello, come il lobo frontale, la corteccia parietale, lo striato e il cervelletto. D’altra parte, si osserva un aumento di flusso di sangue e attività elettrica nella corteccia sensomotoria e l’attivazione di altre reti neuronali. Tuttavia, c’è anche un difetto nella focalizzazione neuronale.
Flusso ematico SPECT
PET
Attivazione di reti neuronali diverse
Test di Stroop negli adulti con ADHD
MRI Detects Altered Brain Connectivity in ADHD
News | April 30, 2014 | Brain MRI, MRI
By Diagnostic Imaging Staff
Uno studio ha scoperto che i cervelli di ragazzi con ADHD presentano una connettività alterata nelle reti a riposo su larga scala, rispetto a quelli di ragazzi sani. I ricercatori hanno esaminato la funzione neurale regionale e l’integrazione funzionale, e i risultati hanno mostrato una funzione esecutiva compromessa nei ragazzi con ADHD rispetto ai soggetti di controllo.
Neurochimica – sistemi malfunzionanti
Neurotrasmettitori
I neurotrasmettitori coinvolti nell’ADHD sono la noradrenalina e la dopamina, soprattutto nelle regioni posteriori e anteriori del cervello. Nella regione posteriore, la noradrenalina aiuta a spostare l’attenzione dagli stimoli e a concentrarsi su quelli nuovi, mentre nella regione anteriore, sia la noradrenalina che la dopamina sono coinvolte nell’analisi dei dati e nella preparazione della risposta. I geni associati all’ADHD includono quelli per il trasportatore e il recettore di dopamina e per il trasportatore di serotonina. Gli studi familiari mostrano un’alta prevalenza di ADHD e altri disturbi mentali nei parenti dei pazienti, mentre gli studi su adozioni mostrano una maggiore prevalenza di ADHD nei genitori biologici rispetto a quelli adottivi. Inoltre, gli studi sui gemelli indicano una maggiore concordanza dei sintomi tra i gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti.
Fattori biologici acquisiti
- esposizione intrauterina ad alcool o nicotina
- nascita pretermine e basso peso alla nascita
- disturbi cerebrali (encefaliti, traumi)
Neuropsicologia
Le funzioni esecutive sono un insieme di processi cognitivi che ci permettono di pianificare, organizzare, eseguire e controllare il comportamento, in modo da raggiungere gli obiettivi desiderati. Queste funzioni includono:
- La capacità di ricordare lo scopo di un’azione (retrospezione)
- L’autocontrollo, ovvero la capacità di inibire le risposte motorie, cognitive ed emotive
- La previsione delle conseguenze delle proprie azioni
- La pianificazione, basata sulla memoria di lavoro, ovvero la capacità di mantenere attiva l’informazione in mente per un breve periodo di tempo
- La fluenza verbale, ovvero la capacità di produrre rapidamente parole e frasi in risposta a uno stimolo
- L’attenzione selettiva e sostenuta, ovvero la capacità di focalizzarsi su uno stimolo mentre si ignorano quelli distrattivi
- La flessibilità cognitiva o controllo dell’interferenza, ovvero la capacità di adattarsi a situazioni nuove o inaspettate e di cambiare rapidamente il proprio comportamento di fronte a un cambiamento dell’ambiente.
La disfunzione delle funzioni esecutive è comune nei pazienti con ADHD, e può manifestarsi in difficoltà di pianificazione, organizzazione, autocontrollo e attenzione selettiva.
Non è colpa dei genitori
L’ADHD non è causato da un ambiente familiare negativo o da una sola causa “sociale”, come la mancanza di cure, un ambiente stressante o genitori inadeguati. Invece, la causa dell’ADHD sembra essere principalmente genetica, poiché i genitori e i figli condividono i geni che influenzano lo sviluppo dell’ADHD. Tuttavia, i fattori ambientali possono interagire con i geni per influenzare la gravità dei sintomi dell’ADHD.
Quando si fa la diagnosi
E’ importante che i sintomi descritti precedentemente interferiscano significativamente con il funzionamento del bambino nelle sue attività quotidiane e che siano presenti in almeno due diversi contesti, come ad esempio la casa e la scuola. Inoltre, questi sintomi devono essere presenti da almeno 6 mesi e devono essere iniziati prima dei 7 anni di età (secondo il DSM-IV) o entro i 12 anni di età (secondo il DSM-5). La diagnosi di ADHD si basa principalmente sull’osservazione dei sintomi e sulla raccolta di informazioni dai genitori e dalle persone vicine al bambino, come insegnanti o educatori.
3 sottotipi
Ci sono tre sottotipi di ADHD:
- Il sottotipo disattento si caratterizza per la marcata distraibilità, ma non è presente un’eccessiva iperattività o impulsività.
- Il sottotipo iperattivo è caratterizzato da una marcata iperattività motoria, ma non c’è un’eccessiva distraibilità.
- Il sottotipo combinato presenta sia iperattività che impulsività, insieme a una marcata distraibilità.